Artigiani Chiusi in Bottega

Artigiani Chiusi in Bottega

ARTIGIANI!  PERCHE’ SEMPRE CHIUSI IN BOTTEGA?

 

Arriveranno queste poche righe sul banchetto di un artigiano orafo? Potrò sperare di essere letto da almeno un artigiano? Quanto viene letto ARRONotizie dagli artigiani?

Vorrei parlare di noi, della nostra categoria e spendere due parole sui nostri  rapporti. Come e quanto ci conosciamo? Quali sono le opportunità che abbiano di incontro, di dialogo, di raffronto?  Penso poche, molto poche. Ciò è dovuto alla nostra mentalità, ancora conforme a vetusti schemi, a abitudini superate dalla stessa vita lavorativa.  Quante sono le fiere in Italia? cinque, sei? e in Europa?  e nel mondo? Un commerciante gira, si confronta, a modo di conoscere le novità del prodotto orafo, belle o brutte che siano, provenienti dall’Est o dall’Ovest; ma noi cosa facciamo?

Non intendo con ciò far diventare l’artigiano un commesso viaggiatore, ma stimolarlo a uscire da bottega, si!

I grandi o piccoli segreti artigiani, in atto forse fino agli anni cinquanta, non hanno più ragion d’essere in un mondo dove una qualsivoglia informazione la si può trovare su Internet, e dove il nostro lavoro ha inizio più sui libri che nelle botteghe. L’apprendistato è composto da giovani,  almeno diciottenni, con un diploma di scuola superiore in tasca,  che si affacciano al mondo del lavoro con uno spirito, una cultura, ben diversa dalla nostra. Quanti di noi, se potessero rivivere il passato, si vedrebbero apprendisti di 14 o 15 anni,  alle prese con i lavori più umili del laboratorio, iniziare un lavoro totalmente dipendenti dal “principale” o da chi ne faceva le veci.

Non so se la maggiore scolarità porti vantaggio o no all’artigianato, e non di questo voglio parlare, ma certamente ha cambiato il rapporto tra apprendista e principale, mutandolo in quello fra maestro e discepolo; rapporto che sottintende una maggiore stima reciproca, una maggiore parità. I giovani ci insegnano a uscire, ci stimolano a partecipare.

Alla mostra Desideri Preziosi ’94, erano presenti in molti stimolati dal concorso” una spilla nell’immaginifico berniniano”. E sono stati bravi.

Ma perché noi, maestri d’arte, non partecipiamo con altrettanto impegno? Mi domando perché una mostra ben fatta, gratuita, tutta nostra, pensata e studiata per gli artigiani orafi di Roma e Provincia,  non  raccolga la massima partecipazione?

Per esperienza personale, la partecipazione a “Desideri Preziosi” è stata positiva. Lo stimolo a costruire un gioiello a tema; lo scoprire che non ero  il solo orafo ad impegnarsi; il conoscere più a fondo i colleghi e il loro lavoro; avere l’orgoglio della propria storia artigiana; queste sono le sensazioni rimaste dentro di me.

L’invito a uscire dalle proprie botteghe per partecipare all’edizione di “Desideri Preziosi ’95” significa proprio questo:  un invito a incontrarci, a conoscerci. Confrontare le nostre opere, scambiarci opinioni e consigli; dare ai giovani la speranza di un lavoro degno di essere apprezzato e esposto in mostra, in una mostra visitata da migliaia di persone.

Avremo ancora il piacere di insegnare ai nostri discepoli? Se ci apriamo al dialogo, se accettiamo il confronto per crescere noi stessi, migliorarci e arricchirci, io credo di si.

Ma dobbiamo assolutamente uscire dalle nostre botteghe.